La grande crisi economica dell’edilizia italiana che ha avuto inizio nel 2008 e che ancora si protrae nel settore rimandando di anno in anno la sua fine, a dispetto di tutti gli sforzi ufficiali profusi dagli attori economici che ne fanno parte, è dovuta essenzialmente ad una crisi di liquidità e flussi di cassa.
Questo risulta essere il problema strutturale chiave.
Mentre in tutti gli altri settori il cliente finale paga al momento dell’acquisto del bene o servizio o addirittura prima, nel settore delle costruzioni questo non avviene. L’intero sistema si basa sul credito:
a 30, 60, 90, 120, 150, 190 giorni e più.
Errate politiche di analisi della domanda, o per la maggior parte delle imprese di costruzione addirittura assenti, conducono ad una mole di appartamenti, case e uffici invenduti che portano la voce “magazzino” a valori elevatissimi che strangolano il flusso di cassa commerciale. Inoltre, l’equilibrio monetario delle imprese viene aggravato da ulteriori oneri fiscali derivanti dall’invenduto.
I costruttori si trovano così impossibilitati ad accedere a nuovo credito bancario a causa di rating pessimi, e cercano in tutti i modi di scaricare questo peso sui loro fornitori. La catena del valore viene quindi compromessa per intero e un insoluto alla sua base si ripercuote esponenzialmente.
L’unica soluzione per i fornitori rimane quindi stringere i tempi di pagamento per annullare il rischio di credito, perdendo però potenziali rischiose commesse a favore dei concorrenti meno oculati, che quasi sempre si traducono in insoluti o perdite certe.
Si rimanda quindi il problema alla base della catena del valore, i costruttori, che sarà costretta a trovare nuove forme di finanziamento oppure a scegliere la propria clientela più oculatamente e a costruire solo successivamente ad una approfondita analisi della domanda.
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